È l’ora dei centristi. Se ci sono, si facciano sentire

novembre 21, 2007 alle 10:55 am | Pubblicato su L'Editoriale | 7 commenti
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Il doppio spariglio di Silvio Berlusconi, nuovo partito e conversione al sistema elettorale proporzionale, ha messo in movimento tutto il mondo politico. Era ovvio. E se Gianfranco Fini agita il bastone e la carota, rimproverando a Berlusconi «un’idea campata in aria quella di andare a votare dopo la riforma » e allo stesso tempo invitandolo a «uscire dalla polemica fine a se stessa», nell’arcipelago centrista si ragiona sulle possibili, nuove aggregazioni. È chiaro che una legge proporzionale apre uno spazio nella vasta area di insofferenza ai due poli così come si sono formati fino a oggi, anche se il meccanismo di voto è stato un alibi per tenere le bocce ferme. È venuto il momento nel quale i Pezzotta, i Tabacci, i Baccini, i Bianco (gli altri nomi li potete leggere sui giornali) prendano qualche decisione definitiva. O accettano il ruolo di grilli parlanti, coccolati dai salotti televisivi a caccia di qualche testa pensante, oppure alzano l’asta della scommessa e rischiano in prima persona per un progetto più ampio. Noi continuiamo a pensare che non esiste la possibilità di un terzo polo e non solo per una questione di legge elettorale, che se anche proporzionale servirà a rafforzare (e non a cancellare) il bipolarismo, ma innanzitutto perché nel Paese c’è voglia di governi stabili all’interno di un’alternanza tra due schieramenti. D’altra parte, il modello tedesco, tanto gradito ai centristi, è proprio quello che incardina il bipolarismo, fondato sulla reciproca legittimazione degli avversari. E se i centristi hanno una funzione politica, determinante, all’interno del bipolarismo, si tratta appunto di ancorare i moderati a un progetto di modernizzazione del Paese, di renderli cioè omogenei alla grande famiglia dei popolari europei. La principale anomalia dell’Italia, dopo il crack della Prima Repubblica, è ancora questa: la mancanza di una solida rappresentanza dei moderati, con alleanze e riferimenti nella società prima che nei circoli dell’establishment. Soltanto una nuova area centrista, nel centrodestra e non nel limbo della neutralità, può sfilare un pezzo decisivo dell’elettorato dalla deriva populista e catturare consensi in uscita dal centrosinistra dopo la nascita del Partito democratico. Ecco la missione dei Pezzotta, dei Tabacci, e di tanti altri moderati che devono superare l’Udc, ma non possono prescindere dal ruolo, e anche dalla credibilità, conquistati da Pier Ferdinando Casini. Hanno voglia di provarci? Se la sentono? Se le risposte sono affermative, allora è bene chiudere la stagione dei «volenterosi » ,dei «temperati», delle «officine», cioè di movimenti laterali al campo dello scontro politico. C’è bisogno di scelte radicali, chiare e forti, come le hanno fatte nella storia i veri leader del moderatismo europeo. E come in Italia, purtroppo, sembra capace di fare solo Silvio Berlusconi.

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